Per chi lavora come libero professionista, le sfide legate alla gestione del proprio business possono essere molteplici e tutte a carico di una sola persona: sé stessi. Spesso può capitare, come conseguenza, di non sentirsi all’altezza o andare in burnout.

Ma, oltre alle sfide legate al pianificare, tenere la contabilità, sponsorizzarsi, possono esservene altre molto più insidiose, che ostacolano il successo e la nostra serenità lavorativa e che hanno a che fare con il nostro mondo interiore, con la storia che ci portiamo dentro.

Vediamo in questo articolo, scritto in collaborazione con Silvia Maria Sardi, Digital Strategist di La Parola Magica, alcuni spunti pratici per riflettere e gestire al meglio questi aspetti.

Il confronto con gli altri

Confrontarci con gli altri è un qualcosa che facciamo spesso. In particolare, nelle persone con una bassa autostima, questo è un atteggiamento frequente, che non fa che rinforzare l’opinione di sé come persona di poco valore. Quando lavoriamo online, in particolare con i social, basta un attimo per trovarsi davanti ai profili di altri professionisti del nostro stesso settore che, guarda caso, sembrano tutti più preparati, più brillanti, più efficaci di noi. Il confronto con gli altri in questi casi non è uno stimolo a migliorarci, ma funge da freno, perché possono entrare in gioco la paura di fallire, la paura di risultare mediocri, la paura di non essere all’altezza. A ciò si può aggiungere l’emozione dell’invidia, che ci spinge in un angolo a rimuginare su quanto siamo inadeguati e alimenta la convinzione che non ce la faremo mai, impedendoci di iniziare. Un consiglio utile che mi sento di dare, è quello di guardare il meno possibile i propri competitor, se questo ci genera frustrazione. Ricordiamoci che ognuno è unico e ha un modo di comunicare diverso. Inoltre, perché vorresti somigliare a qualcosa o a qualcuno che già c’è? Non sarebbe molto vantaggioso per il tuo lavoro, non credi? 

Il perfezionismo

Quando lanciamo un business, vogliamo giustamente essere professionali, preparati, all’altezza di ciò che ci verrà richiesto o di quello che noi decidiamo essere lo standard a cui puntiamo. Eppure, a volte rischiamo di cadere nella trappola del perfezionismo: vorremmo sapere tutto, essere impeccabili, non avere lacune. Ebbene questo non è possibile. Pensare di sapere tutto prima di cominciare a lavorare è in realtà limitante, oltre che impossibile. Purtroppo, la nostra cultura non è allenata al concetto dell’imperfezione. L’imperfezione è vista come difetto, come qualcosa di inaccettabile. I social in questo giocano un ruolo determinante. Sebbene stia iniziando a farsi strada il potere dell’autenticità e dell’imperfezione, prevale ancora l’illusione della persona perfetta, sempre sul pezzo, sempre vestita di tutto punto, che si trova sempre nel posto e nel momento giusto, insomma che non ne sbaglia una. Capirete come tentare di rispondere a questo standard falsato diventa una missione impossibile, a maggior ragione sul lavoro! E poi, se sapessimo già tutto, non ci sarebbe più il gusto del formarsi, dell’acquisire nuove competenze, del fare esperienza. Sarebbe già tutto finito prima ancora di cominciare! Se aspettiamo il momento perfetto non ci muoveremo mai di un passo!                                                                                         

Piuttosto che tentare di fare tutto, è certamente più realistico specializzarsi in un settore nel quale possiamo diventare esperti e aiutare veramente chi ha bisogno di noi. E ricordarci che un po’ di umanità non guasta. Mostrarci autentici, e pertanto imperfetti, avvicina le persone, perché sa di verità e di calore, ci fa sentire più simili ai nostri clienti e non a dei guru inarrivabili.

La paura del giudizio

Il confronto con gli altri e il perfezionismo vanno a braccetto con una componente sottostante ancora più impattante: la paura del giudizio. Quante volte vorremmo fare qualcosa, prendere una decisione, ma ci sentiamo inchiodati perché temiamo di deludere qualcuno, o perché abbiamo paura di cosa penserebbero gli altri? La paura del giudizio nasce molto presto nella nostra storia di vita, e può essere molto dura da scardinare. Può influenzare la nostra vita in molte aree, non per ultima il lavoro. Basti pensare a quanto la scelta di intraprendere la libera professione risenta del parere di parenti e amici, che magari sono tifosi del posto fisso. O quante volte vorremmo cambiare lavoro ma per lo stesso motivo rinunciamo, finendo per incastrarci in lavori che ci fanno star male o che non ci rappresentano.                  Vorrei però fare una precisazione fondamentale: il giudice più severo di te stesso sei tu! Proprio così, perché quelle voci che all’inizio appartenevano a qualcun altro, con il tempo finisci per interiorizzarle e diventano tue. Per questo è così difficile abbandonarle e per farlo occorre un buon lavoro su noi stessi.

La paura del fallimento

Fallimento. Una parola che ci terrorizza. Siamo abituati a vedere l’insuccesso come un fallimento, come una macchia indelebile sulla nostra autostima. Per ognuno di noi, il fallimento assume significati diversi. C’è chi ha paura di sbagliare, chi di perdere soldi, chi di deludere, e così via. Qualunque siano le motivazioni alla base, la sola idea di fallire ci blocca dall’agire. Meglio restare nell’incertezza e nell’insofferenza. La famosa comfort zone: spiacevole, ma conosciuta e perciò sicura. Meglio restare a guardare chi ce l’ha fatta, piuttosto che tentare.                                                   

Eppure, se potessimo cambiare il valore che assume il concetto di fallimento, potremmo usare altre parole, meno lapidarie: crisi o sfida per esempio. Il concetto di fallimento comporta la resa, quello di sfida invece comporta un invito all’azione. Un momento di crisi è passeggero, il fallimento sa di qualcosa di definitivo.

Detto tutto ciò, cosa possiamo allora fare per poter provare a superare queste complessità e mantenere un mindset più positivo?

Ecco che diventa importante il concetto di resilienza. Il termine, in fisica, indica la capacità di un metallo di tornare alla propria forma dopo aver subito un danno. In psicologia indica quindi la nostra capacità di rialzarci dopo una caduta, di affrontare le sfide in modo positivo e con fiducia. È la capacità di riorganizzare la nostra vita dopo un evento doloroso, usando le nostre emozioni e le nostre risorse interiori.

Ma come possiamo fare per lavorare sulla nostra resilienza?

Naturalmente, l’articolo non ha la pretesa di essere risolutivo né di sostituirsi ad un lavoro interiore in psicoterapia. Tuttavia, posso fornirti alcuni spunti di riflessione.

  1. Conosci le tue emozioni: per essere resilienti è fondamentale riconoscere le nostre emozioni e non spaventarcene, ma ascoltare cosa ci stanno comunicando. Imparando a sentirle e poi a gestirle, avremo a disposizione una bussola preziosissima;
  2. Elenca le tue risorse: non basta pensare a quali sono le tue qualità, le tue risorse. È importante scriverle, perché questo aiuta a fissare e imprimere i concetti nella nostra mente. Inoltre, è stato dimostrato da moltissimi studi che la scrittura è terapeutica, liberatoria e aiuta a focalizzarsi. Perciò, ti invito a scrivere su un foglio la lista delle tue risorse, che possono essere importanti per uscire da un momento di crisi e dalle sfide che richiede il tuo lavoro, laddove non ci sembra di essere all’altezza;
  3. Pratica la meditazione: immaginare e visualizzare ci pone in una condizione mentale di maggior lucidità e aumenta la fiducia verso noi stessi e nelle nostre capacità. Quindi, quando ti senti in difficoltà, prova a concederti qualche minuto di pausa, ascoltando il tuo respiro e immaginandoti affrontare una situazione o un problema. Puoi aiutarti ripetendo dentro di te alcune frasi incoraggianti. La meditazione ha un effetto positivo sul nostro umore, la nostra concentrazione e aumenta la capacità di guardare le situazioni con lucidità;
  4. Paura del successo o paura del fallimento? Hai letto bene. Ti sembrerà paradossale, ma molti di noi non hanno paura di fallire. Hanno paura di riuscire. C’è una stupenda poesia di Marianne Williamson che recita così: “La nostra paura più profonda non è di essere inadeguati. La nostra paura più profonda è di essere potenti oltre ogni limite. È la nostra luce, non la nostra ombra a spaventarci di più. Ci domandiamo: chi sono io per essere brillante, pieno di talento, favoloso? In realtà, chi sei tu per non esserlo?…” Fatti questa domanda: “perché non io?” e smetti di autosabotarti.

Affrontare le difficoltà nel business

(testo a cura di Silvia M. Sardi

Incontrare ostacoli nel proprio percorso imprenditoriale è fisiologico: possiamo considerarlo una parte integrante del processo. Ma che si tratti di un calo delle vendite inaspettato, di un competitor emergente, di una pratica sleale che abbiamo subìto, o di un imprevistoche ha scombussolato i nostri piani, è possibile prevenire le sfide adottando un approccio strategico e resiliente: le difficoltà arriveranno ugualmente, ma noi saremo più preparate ad affrontarle.

Come prevenire i rischi nel business

Come Digital Strategist con esperienza pluriennale, ho avuto l’opportunità di studiare le traiettorie di diverse aziende, prendendo ispirazione dal loro modo di affrontare i momenti difficili e di superarli con lucidità e strategia. Ecco cosa ho trovato più utile:

  • Pianificazione strategica: nella gestione della tua attività, così come nella comunicazione di business, è importante non partire all’avventura senza una mappa! Crea un piano d’azione dettagliato che includa obiettivi chiari, tempistiche e risorse necessarie. Business Plan, Piano Marketing e strategia di comunicazione sono strumenti essenziali per pianificare con cura le proprie attività, riducendo possibili problemi. Ricordati però di stabilire obiettivi raggiungibili e realistici e di non mettere troppa pressione su te stessa.

  • Diversificazione dell’offerta: diversifica la tua offerta di prodotti o servizi per ridurre la dipendenza da una singola fonte di reddito e mitigare i rischi legati a cambiamenti del mercato o nelle preferenze dei consumatori.
    Lo stesso vale per la tua comunicazione digitale: un ecosistema diversificato che includa non solo i social media ma anche altri strumenti come sito web, newsletter, blog o podcast, ti consente di raggiungere più facilmente il tuo cliente ideale e di avere più controllo sui canali utilizzati.

  • Gestione finanziaria prudente: mantieni una gestione finanziaria attenta, cerca di ridurre le spese non essenziali e tieni da parte del budget per affrontare eventuali imprevisti, in modo da affrontare eventuali criticità con più serenità.

  • Formazione continua: investi nella tua formazione per equipaggiarti ad affrontare meglio le sfide grazie all’acquisizione di nuove competenze.

  • Feedback e ascolto attivo: ascolta attentamente i feedback dei tuoi clienti e collaboratori, perché sono una fonte preziosa di informazioni su potenziali problemi e aree di miglioramento del tuo lavoro e ti permettono di affrontare i rischi in modo proattivo.

Come affrontare i problemi nel business

Naturalmente non esiste una soluzione che funzioni per tutti e in ogni circostanza, ed è bene comprendere che un approccio resiliente va allenato ed esercitato nel tempo. Dal mio punto di vista, però, nei momenti di difficoltà è importante armarsi di razionalità:

  • Concentrati sul tuo perché: missione, visione e orizzonte valoriale possono sembrare concetti astratti, ma sono la base di ogni attività di business solida. Sia perché costituiscono una guida per le tue azioni e ti aiutano a fare scelte coerenti con ciò in cui credi, sia perché rappresentano la tua motivazione, quella che ti permette di non crollare nei momenti di difficoltà. Perché fai quello che fai? Qual è la tua motivazione profonda? Pensarci ti darà forza.
  • Fai un’analisi approfondita della situazione: prenditi del tempo per analizzare attentamente la natura della sfida che stai affrontando. Quali sono le cause profonde del problema? Quali i potenziali fattori di rischio? E le possibili conseguenze? Quali sono le tue possibilità di intervento? Ci sono dei cambiamenti che puoi apportare per risolvere la situazione o cambiarla?
    Rispondere a queste domande è utile per identificare il problema e analizzarlo in profondità, in modo razionale, per questo sono un aiuto prezioso che permette di non farsi travolgere dall’emotività e individuare la soluzione più adatte al tuo contesto specifico.

  • Creare una rete di supporto: confrontarsi con altre professioniste e attivare il supporto di mentori ed esperte del tuo settore è un altro modo possibile per acquisire nuove prospettive sul problema, oltre che per ampliare il tuo bagaglio di conoscenze. Il confronto con chi ha già affrontato sfide simili o ha più esperienza di te nel campo, è una fonte di ispirazione e di consigli preziosi, oltre che un sostegno nei momenti difficili.

  • Scegli una comunicazione trasparente e proattiva: una delle lezioni più grandi che ho imparato sul campo è l’importanza di mantenere una comunicazione aperta e trasparente con i propri collaboratori, clienti e follower anche nei momenti di difficoltà. Informare onestamente le persone coinvolte nella tua attività è una dimostrazione di affidabilità e leadership. Al contrario, chiudersi improvvisamente nel silenzio ed eliminare le possibilità di contatto e confronto, può ottenere un effetto boomerang, ingigantendo il problema o penalizzando la reputazione del tuo brand.

Trasformare le sfide in opportunità

Affrontare le sfide nel business non è mai semplice, ma mantenere un mindset positivo e resiliente è un grande aiuto per superare le difficoltà, perché ogni ostacolo può essere visto anche come un’opportunità di crescita, e ogni paura può essere affrontata con strategie e riflessioni adeguate.

La resilienza è una competenza che possiamo sviluppare e affinare nel tempo, affinché la paura e gli errori non ci impediscano di realizzare la nostra visione e di costruire un business che non solo sopravvive, ma prospera.

In questo articolo vediamo insieme cos’è il fenomeno del ghosting del paziente e cosa implica sull’andamento della psicoterapia.

In termini scientifici definito “drop out”, questo fenomeno si riferisce all’improvviso abbandono della terapia da parte del paziente, quindi prima che vengano raggiunti gli obiettivi che ci si pone all’inizio di un percorso terapeutico.

Nella mia esperienza, il drop out si verifica in diversi modi:

  • la persona inizia a inventare scuse per posticipare sempre di più le sedute o rendere impossibile fissare un nuovo appuntamento (il tutto comunicato via cell);
  • la persona non si presenta allora e al giorno indicati e smette di rispondere a telefonate o messaggi del terapeuta;
  • la persona disdice l’appuntamento e comunica “avviso io quando potrò prendere un nuovo appuntamento” e sparisce.

Questo fenomeno si verifica solitamente nelle fasi iniziali della terapia, ma può avvenire in qualsiasi momento del percorso, per una serie di cause.

Vediamone alcune:

1. La paura del cambiamento: la persona si spaventa perché percepisce che non sarà un percorso facile né indolore e inoltre contatta la paura di poter cambiare alcuni equilibri;

2. La paura di sentirsi giudicati da chi si ha di fronte e di non reggere questo confronto, anche se uno dei capisaldi della psicoterapia è il non giudizio (ma qui entra in campo il giudizio interno che la persona ha di sé);

3. La paura di sentire dolore o di perdere alcune parti di sé;

4. Possono entrare in gioco meccanismi di difesa o resistenze alla terapia o rispetto ad alcune tematiche che si stanno affrontando, per cui la persona preferisce scappare;

5. Incomprensioni con il terapeuta, ad es non mi sento a mio agio, o mi sono sentito offeso. In questi casi è sempre bene comunicare come ci si è sentiti, se ci sono delle difficoltà, perché può essere un ottimo momento di confronto e di riaggiustamento del percorso e della relazione terapeutica;

6. La persona nutriva nella terapia aspettative diverse prima di cominciare: a volte ci si affida al terapeuta pensando che lui possa fornirci la risposta pronta e in breve tempo, altre volte la risposta che ci dà non è quella che vorremmo sentire;

7. La persona può semplicemente sentire di non esser pronta o di aver esaurito il suo tempo in terapia, ma manca il coraggio di dirlo apertamente.

Ma come si sente il terapeuta di fronte a questo comportamento?

Disorientato, dispiaciuto, frustrato.
Quella tra terapeuta e paziente è una vera e propria relazione. 
Dove anche il terapeuta, come il paziente, mette molto di sé all’interno di questa relazione.
Nel mio approccio in particolare, il terapeuta si mostra per ciò che è, in modo autentico, umano.
 
Quindi non è difficile capire cosa possiamo provare quando una persona che abbiamo iniziato a seguire se ne va all’improvviso.

Una riflessione che faccio spesso è: quanto può essere difficile comunicare le nostre intenzioni? Quanto è grande la paura di trovare l’altro in disaccordo o di comunicare un disagio? Quanto questo comportamento viene messo in atto anche fuori dalla relazione terapeutica? 

Non per ultimo, com’era la qualità della relazione, se uno dei due se ne va in silenzio?

Quanto risuona tutto questo anche nelle nostre relazioni di vita? 

In ultimo ma non meno importante la questione del rispetto. 

Il rispetto del contratto terapeutico, che è sì quello che il cliente firma all’inizio del percorso, ma è legato anche al rispetto del tempo e dello spazio della seduta, un tempo che la persona paga e che il terapeuta dedica appositamente a lei.

Qualora si verifichi una disdetta, o peggio un dare buca, senza preavviso quell’ora è persa per entrambi. Non solo: viene tolta ad un’altra persona che poteva usufruire di quell’ora. Quindi si tratta anche di rispetto dell’altro e del lavoro dell’altro, che potete ben capire, perde un guadagno (perché sì, anche noi psy lavoriamo per il pane!).

Solitudine: parola tanto amata quanto temuta da molti. In questo articolo proviamo a fare insieme una riflessione.

“A volte ho la sensazione di essere solo al mondo. Altre volte ne sono sicuro”. Charles Bukowski

Quante volte abbiamo provato questa sensazioni nel corso della vita? Almeno una volta forse tutti noi.

“E’ nella solitudine, scevra da ogni sorta di condizionamento, che ognuno di noi può ritrovarsi e conoscere appieno se stesso”. Michele Scirpoli

Quante volte invece ci sentiamo così? Forse meno.

Nella mia esperienza di lavoro con le persone, ho osservato che esiste una solitudine oggettiva e una solitudine percepita.

  • Quella oggettiva è facile da riconoscere, è data dall’assenza di persone attorno a noi;
  • Quella percepita è più subdola, invisibile.
    È quella di chi si sente da sol* anche in mezzo agli altri, soprattutto amici, parenti, partner.

La prima non è per forza negativa, a seconda della nostra storia, del nostro carattere, possiamo vivere bene anche senza un gran numero di persone attorno.
Un po’ della serie “meglio soli che male accompagnati”. D’altro canto, a questa categoria di persone appartiene anche chi purtroppo non ha rete o punti di riferimento su cui contare.

La seconda, l’abbiamo detto, può essere molto dolorosa e scavare profonde ferite dentro l’anima di chi la prova. In questi casi ci si può sentire diversi, difettosi, mancanti rispetto agli altri.

Ma c’è un terzo tipo di solitudine a mio avviso: Quella scelta.


È quella di chi sceglie la solitudine come piacevole bisogno, per esempio per decomprimere dopo una giornata in mezzo alla gente, oppure perché adora godere di momenti per stare solo con se stess*, per fare un’attività in solitaria o semplicemente fermarsi e ascoltarsi. Questo tipo di solitudine è spesso frutto di una scelta e di un buon lavoro interiore e di consapevolezza, che ci aiuta a capire che la solitudine non è qualcosa da temere, ma anzi, spesso può essere salvifica.

Per le persone altamente sensibili, in particolare, avere momenti di solitudine è necessario per decomprimere lo stress delle giornate della socialità, della routine. Purtroppo spesso queste persone finiscono per sentirsi diverse e incomprese però, in particolare da chi concepisce la solitudine come qualcosa di negativo.

Per quanto mi riguarda, io sono questo terzo tipo di persona. Sebbene durante l’infanzia e l’adolescenza io l’abbia sperimentata più nella seconda forma, quella percepita (per poi capire che così non era affatto). Mi sentivo strana perché mi sentivo sola in mezzo alla gente, come se fossi io quella sbagliata.

Ma crescendo e lavorando su di me, ho capito sempre di più che non c’era nulla di sbagliato e che la solitudine è un mio bisogno, che non sempre viene compreso, specie da chi vive la solitudine come qualcosa da cui fuggire.

Per me è fondamentale e del tutto sano dedicarsi dei momenti di solitudine.
Oggi la scelgo, non la subisco affatto.
Mi rende felice e sai, anche più pronta e aperta verso l’altro quando sola non sono.

👉 E tu che tipo di solitudine vivi?
Raccontamelo qui se ti va.

Sei anche tu uno di quelli che pensano che parlare con uno psicologo non serve, perché tanto si può parlare con un amico? In questo articolo ti spiego perché non è la stessa cosa.

Uno dei pregiudizi più diffusi è: parlare con uno psicologo è come parlare con un amico.

In realtà non è così. Lo psicologo e lo psicoterapeuta hanno studiato il funzionamento della psiche e i comportamenti delle persone, ma cerchiamo di capire meglio quello di cui sto parlando.

 

  1. Lo psicologo è imparziale: ha una visione oggettiva, più esterna della situazione, ed è in grado di offrire una lettura diversa della situazione o di comportamenti descritti;
  2. Lo psicologo potrà farti notare delle verità scomode, che l’amico tende a omettere, vuoi per non rovinare il rapporto, o perché si sente frenato, o perché troppo coinvolto. Quelle verità però sono indispensabili per crescere e arrivare ad un vero cambiamento interiore;
  3. Proprio perché ha studiato ed è formato, lo psicologo riesce a riconoscere comportamenti e meccanismi psicologici che mettiamo in atto, e che non tutti riescono a riconoscere, e può aiutarci a modificarli;
  4. Ci sono segreti che facciamo fatica a dire ai nostri amici: chi può dire di conoscerci veramente, anche nelle nostre parti che non ci piacciono o che vogliamo nascondere al mondo, perché magari ce ne vergognamo o temiamo di perdere quel rapporto? Può succedere di aver paura del giudizio delle persone che ci conoscono e abbiamo bisogno di non dire tutto quanto a chi ci sta intorno. Per questo è importante affidarci a chi pratica il non giudizio, in un luogo sicuro e neutro (la stanza di terapia) nel quale possiamo sentirci liberi di esprimere e tirar fuori anche i nostri lati più nascosti.
  5. Lo psicologo si serve di strumenti e tecniche proprie del suo lavoro, che promuovo un cambiamento più incisivo e duraturo, e che sono strumenti preziosi che potremmo portare nella nostra vita. 

 

Spero di averti dato uno spunto di riflessione, sarei felice di conoscere il tuo punto di vista nei commenti qui sotto!

 

 

 

 

Vediamo insieme che cosa si intende con l’espressione Christmas Blues, e perchè è una condizione comune a molte persone che odiano le festività.

  • Ti capita mai di sentirti triste durante il Natale e non vedere l’ora che le feste passino?
  • Ti stanno strette le riunioni di famiglia?
  • Senti un aumento di tristezza, irritabilità, malessere generale durante il Natale?
  • Ti senti in colpa perchè non sei felice come tutti mostrano?

Allora forse ti trovi davanti al cosiddetto Christmas Blues.

Per capire cos’è e come affrontare al meglio questo periodo, leggi tutto l’articolo.

Che cos’è il Christmas Blues?

il Christmas Blues è un malessere che si presenta durante le festività natalizie ed è caratterizzato da:

  • tristezza;
  • pianto;
  • irritabilità;
  • ansia;
  • anedonia (perdita di piacere);
  • pensieri negativi;
  • rimuginazione.

il termine “blues” è usato comunemente per definire uno stato depressivo (es. christmas blues, blue monday, baby blues), ma queste condizioni non sono riconosciute come disturbi psicologici veri e propri, quanti piuttosto come malesseri transitori. Qualora invece, questi siano allargati ad altri momenti e ambiti della vita o se impediscono il consueto svolgimento delle nostre attività quotidiane, è importante valutare l’idea di chiedere aiuto psicologico.

Perchè si presenta?

Il Natale può rappresentare per molti un periodo stressante o spiacevole per vari motivi: le riunioni familiari poco gradite o situazioni familiari non felici, la corsa ai regali che può essere motivo di stress e frustrazione, l’idea di dover programmare cene e pranzi, maggiori tempi vuoti e quindi per pensare o annoiarsi, tempo di bilanci e conclusioni, situazioni personali dolorose, solitudine o difficoltà psicologiche particolari.

Cosa possiamo fare?

Premessa: non è assolutamente scritto da nessuna parte che a Natale si deve necessariamente essere felici, soprattutto quando non ci sentiamo così. questo i può far sentire sbagliati!

provo a darti alcuni consigli per affrontare al meglio questo periodo:

  • non ridurti all’ultimo con i regali: quest’abitudine aumenta ansia e irritabilità;
  • cerca di evitare di stravolgere le tue abitudini quotidiane;
  • ascolta i tuoi bisogni: non forzarti a fare qualcosa che non ti va di fare;
  • accogli le tue emozioni: non fingere di essere socievole se non ti senti così. Ma soprattutto ricorda che non sei sbagliato!
  • qui e ora: dedica del tempo a ciò che ti fa stare bene;
  • approfitta delle ore di luce per fare movimento.

⚠️Ricorda: se senti che il Christams blues tend a durare oltre le festività e malessere persiste ed è invadente, chiedi aiuto.

Altrimenti…non sentirti sbagliato, non c’è alcun obbligo di sentirsi come non si è!

Fonti:

  • Peretti, PO. Holiday depression in young adults. Psychologia. 1980; 23:251–255.
  • American Psychiatric Association (2013a). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition (DSM-5). Washington, D.C.: APA (trad. it.: DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Milano: Raffaello Cortina, 2014)

Nel corso degli ultimi due anni il mondo è alle prese con il virus SarsCov-2, conosciuto come Covid-19. La prolungata situazione di emergenza ha compromesso notevolmente la salute emotiva delle persone, tanto che l’OMS ha parlato di Stress da Pandemia, o “Pandemic Fatigue”.

Lo sapevamo da millenni: mente e corpo sono collegati. Ciò che succede all’uno si riflette sull’altro e viceversa. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplice assenza di malattia”. Eppure si fa un’enorme fatica a riconoscere questo dato di fatto.

Con l’avvento del Covid-19, forse, qualcosa sta cambiando.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo aver effettuato un importante studio in Europa, ha parlato di una vera e propria sindrome psicologica che ha colpito la popolazione, definendola “Stress da pandemia”, o “Pandemic Fatigue”. Ma l’impatto psicologico della pandemia è oramai accertato da più parti.

Ma cos’è lo Stress da Pandemia?

E’ una reazione avversa ad un’avversità prolungata, sfociata in una condizione psicologica che presenta i seguenti sintomi:

– Sbalzi d’umore;

– Insofferenza per le regola anti-contagio e rifiuto di attenervisi ancora;

– Scetticismo e demotivazione;

– Stanchezza fisica e mentale;

– Normalizzazione del pericolo e conseguente calo della protezione individuale;

– Irrequietezza;

– Ansia;

– Bisogno di libertà;

– Rabbia;

– Senso di impotenza;

– Esaurimento psico-fisico;

– Abbuffate di cibo/alcol/sostanze;

– Ipocondria (paura delle malattie);

– Negazione del problema;

– Rinuncia ai propri obiettivi.

Insomma, siamo stati abituati negli ultimi 2 anni a vivere in un costante stato di allerta e allarme, che a lungo andare ha indebolito la nostra resistenza. Per non parlare della restrizione e dello stand-by in cui le nostre vite sono messe. Ecco come le persone possono sviluppare vere e proprie problematiche a livello psicologico.

Nella mia personale esperienza, nell’ultimo anno ho accolto numerose persone che arrivavano in studio in seguito a problematiche emerse o acuite dalla pandemia. Molti di noi, nei mesi di lockdown e non solo, hanno fatto i conti con la solitudine, con problemi nella sfera familiare o affettiva, molti hanno perso il lavoro, altri hanno dovuto assistere i propri cari, o vederli morire. Altri ancora hanno avuto paura di perdere la vita. Il Covid ha avuto ripercussioni su adolescenti e i bambini, per quanto riguarda lo sviluppo della loro autostima, della capacità di relazionarsi e nel rendimento scolastico. Tutto questo ha avuto un inevitabile impatto a livello emotivo e psicologico. Non potrebbe essere altrimenti!

Ansia, attacchi di panico e ipocondria sono le problematiche più diffuse.

Anche chi era scettico nei confronti della figura degli psicologi, si è reso conto, purtroppo sulla propria pelle, che era umano ed inevitabile per tornare a star bene.

Il 10 ottobre si celebra la giornata mondiale della salute mentale, per sensibilizzare e combattere il pregiudizio attorno a questa tematica.

Se chiedi aiuto non sei matto, sei UMANO. Imprimiamocelo nella testa.

La qualità del nostro sonno incide sul nostro benessere psico-fisico, come ampiamente studiato e confermato. I Disturbi del sonno si manifestano infatti in molte condizioni psicologiche (ansia, depressione, stress).

Vediamo quindi in questo articolo alcuni consigli pratici per migliorare il nostro sonno.

Quante volte ci capita di far fatica ad addormentarci? Magari ci giriamo e rigiriamo, finchè non ci spazientiamo. Allora ci alziamo, accendiamo la luce, prendiamo il cellulare o accendiamo la tv. O, peggio ancora, andiamo al frigo!

Quante volte ci svegliamo durante la notte, e i pensieri iniziano a fare la guerra nella nostra testa? Ti succede mai di alzarti al mattino e sentirti già stanco ancor prima di cominciare la giornata?

Devi sapere che la qualità del nostro sonno è un indicatore di salute e influenza il nostro umore.

Quindi come possiamo fare per dormire bene?

Di seguito ti dò alcuni consigli che puoi applicare fin da subito.

  1. Cena leggera: evitiamo di mangiare pesante a cena, per facilitare la digestione e riposare bene.
  2. Spegni tutti i dispositivi 30 minuti prima di dormire: sto parlando di tv, pc, cellulare. Questi dispositivi emanano la luce blu, che tiene sveglio il nostro cervello, non facendogli capire se è giorno o notte. Di conseguenza faremo molta più fatica a prendere sonno, alterando il nostro ritmo sonno-veglia. Ecco perchè, durante i risvegli notturni, è scorretto ingannare l’attesa del sonno con il cellulare o la televisione.
  3. Leggi: ecco una cosa che puoi fare nei 30 minuti prima di dormire. Leggere concilia il sonno e ci aiuta a rilassarci e a rasserenarci, staccando la mente da pensieri e preoccupazioni. Questo suggerimento vale anche per i risvegli notturni.
  4. Esercizi di rilassamento: predisponiamoci alla distensione psico-fisica facendo meditazione, pratiche di rilassamento o concentrando la nostra attenzione sul nostro respiro, portandolo ad un ritmo naturale e tranquillo. Concentrarci sul respiro ci aiuta ad entrare in uno stato di rilassamento profondo e a distogliere l’attenzione dai pensieri negativi, allontanando lo stress della giornata, immergendoci in un sonno ristoratore.
  5. A letto solo per dormire: in camera non si guarda la tv, non si mangia, non si parla di argomenti impegnativi o stressanti. Usiamo la camera solo per dormire, o per fare l’amore!
  6. Scrivi: ogni sera annota le cose positive accadute durante la giornata o i tuoi pensieri. Scrivere è una tecnica terapeutica vera e propria, aiuta sciogliere i nodi interiori e a chiarire le idee. Puoi anche annotare le cose da fare, per sentirti più attivo al mattino e pronto a cominciare la giornata.

Ti ricordo che se la qualità del tuo sonno è fortemente influenzata da un momento di crisi o se diventa fonte di malessere, è importante chiedere aiuto ad un professionista che può seguirti e aiutarti a star bene.

Quali di questi consigli adotterai per dormire bene?

Raccontamelo nei commenti!

Scopriamo insieme perchè si parla di una vera e propria sindrome da rientro dalle vacanze, o “Post vacation blues”.

Per molti di noi le vacanze rappresentano un vero e proprio stacco dalla routine e dalle preoccupazioni. Ma cosa accade quando finiscono e dobbiamo tornare alla vita di tutti i giorni?

In molte persone la ripresa della normali attività lavorative/studio/familiari/sociali può provocare uno stato di malessere con veri e propri sintomi fisici e psicologici:

  • Ansia;
  • Difficoltà nel sonno;
  • Affaticamento;
  • Tristezza;
  • Irritabilità;
  • Sbalzi di umore.

Ma perchè si verifica la sindrome da rientro dalle vacanze?

Possiamo elencare diversi motivi per cui questa sindrome si presenta:

  1. L’estate rappresenta per molti un momento in cui, oltre che ricaricarsi e riposarci, possiamo fare quello che più ci piace, concedendoci finalmente del tempo per noi (riposarci, viaggiare, fare attività all’aperto e così via).
  2. Il sole e l’estate favoriscono il buonumore, aiutati anche dalle temperature e dalla lunghezza delle giornate. Con l’arrivo di Settembre si ha il passaggio dall’estate all’autunno, con la ripresa della quotidianità e delle attività lavorative, ma anche con il cambiamento climatico (le giornate si fanno sempre più corte, le temperature scendono e le piogge aumentano).
  3. Il nostro fisico, che in vacanza si è abituato ad un ritmo più rilassato, si trova a riprendere le abitudini precedenti, spesso in modo repentino, rischiando di non essere pronto.
  4. Nel momento delle vacanze spesso si verifica un iperinvestimento, ovvero riponiamo eccessive aspettative, ad esempio quella di poterci completamente liberare dalle preoccupazioni o farle scomparire magicamente, per poi non trovarle più al rientro. Questo molto spesso è un pensiero fuorviante e può portare ansia e frustrazione quando si sente che in realtà tutto ciò che abbiamo messo per qualche giorno da parte è di nuovo lì ad attenderci.
  5. Può darsi che abbiamo lasciato del lavoro in sospeso, oppure avere il pensiero di riprendere lo studio, o di rivedere qualcuno che non ci piace: questi pensieri possono provocare malumore, irritabilità, preoccupazione, ansia, che possono iniziare anche prima di tornare alla routine, impedendoci di godere appieno dei momenti di vacanza.

Come contrastare la Sindrome da rientro dalle vacanze?

Ecco qui alcuni consigli per gestire al meglio il ritorno alla vita di tutti i giorni e non farla diventare motivo di stress:

  1. Non lasciamo lavoro o situazioni in sospeso prima di partire;
  2. Rientro graduale: rientriamo qualche giorno prima del ritorno al lavoro o cerchiamo di non ricominciare tutto e subito. In questo modo il nostro fisico e la nostra mente possono abituarsi a ritmi più sostenuti;
  3. Sonno: non andiamo a letto troppo tardi la sera prima di tornare al lavoro (e se riusciamo, anche quelle dopo!), altrimenti saremo stanchi prima di ricominciare; 
  4. Facciamo attività fisica: aiuta a rilasciare endorfine, sostanze che hanno effetto antidepressivo e stimolante. Il movimento aiuta l’energia a sbloccarsi e circolare in tutto il corpo, migliorando anche l’umore. Cerchiamo di mantenere una regolare attività fisica durante tutto l’anno;
  5. Alimentazione: in vacanza capita spesso di fare qualche strappo alla regola, mangiare di più o in modo sregolato. Questo non aiuta il nostro corpo, che rischia di sentirsi spossato, gonfio, o non digerisce bene. Cerchiamo di ri-stabilire un corretto regime alimentare, che è utile al benessere di mente e corpo!
  6. Prenditi cura di te: mantieni dei momenti durante la settimana dedicati solo a te stesso;
  7. Fai una lista: per moltissime persone il 1 settembre (o il rientro dalle vacanze) è considerato il vero inizio dell’anno. Fare una lista di obiettivi mi aiuta a dare una priorità e a scegliere cosa voglio fare per me nell’immediato e cosa voglio portare avanti. Attenzione! è importante scegliere obiettivi concretamente realizzabili, non troppo ambiziosi, ma alla nostra portata, in modo da sentirci anche più gratificati una mentre li raggiungiamo o manteniamo.

Attenzione! La sindrome da rientro dalle vacanze di solito dura pochi giorni, iniziando di solito qualche giorno prima della fine delle vacanze. Se sentiamo che questo malessere dura più tempo, o se sentiamo di non riuscire ad uscirne da soli, è importante chiedere aiuto ad un professionista.

Se ti va, fammi sapere quali di questi consigli metterai in atto per ricominciare al meglio e senza stress!

Finalmente le vacanze! Ma come renderlo un momento piacevole, anzichè un ulteriore fonte di stress?

Le tanto attese ferie sono arrivate o stanno per arrivare!

Ma quante volte ci siamo sentiti più stanchi al ritorno, anzichè riposati?

Quante volte le vacanze si trasformano in una concentrazione di posti da vedere, cose da fare, serate ecc?

Quante volte sentiamo di non aver davvero staccato dalla routine, con il risultato che ancor prima di tornare alla nostra quotidianità, ci sentiamo già stressati?

Se ti senti chiamato in causa, allora leggi fino in fondo, sto per darti 7 consigli per rendere le tue vacanze un momento piacevole, rigenerante e riposante.

Come rendere quindi le vacanze un momento rigenerante e non una fonte di stress?

ecco qui 7 consigli per te:

  1. Rallenta: le vacanze sono la giusta occasione per fermarsi. Non correre, goditi la lentezza delle giornate, il dolce far niente;
  2. Rispetta il tuo tempo: abbandona l’ansia da divertimento a tutti i costi, il bisogno di vedere 10 posti in 3 giorni, altrimenti dopo ti sentirai più stano e stressato di prima! Puoi pianificare in modo da conciliare divertimento, escursioni e riposo, in modo da non sovraccaricarti. E se un giorno non ti va di far niente, asseconda questo bisogno di recuperare;
  3. Ascolta il tuo corpo: durante le vacanze, mangia sano, fai movimento, dormi, impara una tecnica di rilassamento. Dai l’occasione al tuo corpo di ricaricarsi e mettiti in ascolto di cosa ti comunica;
  4. Accogli i momenti vuoti: per molte persone il solo pensiero di fermarsi è fonte di ansia, ecco allora che tendono a riempire le giornate, pur di non stare a contatto con se stesse. Prova a invertire questa tendenza e scoprire cosa emerge. Non temere il vuoto, il silenzio, ma usali come alleati per entrare davvero in ascolto di te stesso e ritrovarti;
  5. Tempo di qualità: fai ciò che ti va, con chi ti va. Per una volta all’anno, non dar spazio a chi ti ruba energie! Concedi il tuo tempo alle persone che ti fanno star bene e ti arricchiscono, è una bella pratica per i giorni a venire!
  6. Scrivi: riflessioni, emozioni, appunti di viaggio, ciò che ti fa star bene. Fermare tutto questo sulla carta (o sullo smartphone), lo renderà concreto e rintracciabile. Scrivere è una bellissima pratica da coltivare durante tutto l’anno, permette di osservarsi da dentro e dar spazio a pensieri ed emozioni, lasciandoli fluire;
  7. Fai una lista: prova a programmare il tuo rientro. Inserisci le tue priorità, ciò che per te è importante o qualcosa che vorresti iniziare a fare nella tua routine. Ti aiuterà a sentirti più focalizzato e meno stressato al ritorno, senza quella terribile sensazione di malumore e frustrazione.

E tu cosa decidi di fare in queste vacanze per viverle al meglio?

Se metti in pratica uno o più di questi suggerimenti, o se ne adotti altri, fammelo sapere nei commenti :)

Prenditi cura di TE!

Stress: 4 strategie per gestirlo

“Sono sempre stressato!”
“Ho dolori dappertutto!”
“Non riesco a dormire per quanti pensieri ho!”

Quanti di noi hanno attraversato momenti così?
Quante volte ci siamo sentiti sopraffatti dagli impegni/preoccupazioni, senza sentirci in grado di affrontarli?

Questi sono alcuni degli effetti dello stress.

Ma cos’è lo stress?

Lo stress origina da una valutazione tra le richieste dell’esterno e la nostra capacità di farvi fronte in modo efficace. E’ una risposta psicofisica ai diversi compiti che quotidianamente ci vengono richiesti.

Se in misura limitata, ci consente di funzionare bene, di essere più stimolati e produttivi. Sentiremo di avere tutte le carte in regola per superare quelle prove. E così sarà. Questo è il cosiddetto “Eustress“.

Se invece lo stress supera una certa soglia, diviene controproducente e pericoloso per la nostra salute psico-fisica.
In poche parole, temiamo di non farcela, sentiamo che gli impegni sono troppi e il tempo troppo poco.
Abbiamo paura di sbagliare, ci sentiamo oppressi e oberati e le nostre prestazioni peggioreranno. Ecco il cosiddetto “Distress“.

Come possiamo fare affinchè lo stress non superi quella soglia e diventi eccessivo e controproducente?

Ti propongo 4 tecniche per imparare a gestire lo stress in modo produttivo. 

1. Prendi consapevolezza: in quale parte del tuo corpo si annida lo stress (spalle, testa, stomaco,..)?

Inoltre, osserva quali sono i pensieri che arrivano quando percepisci lo stress. Lo stress infatti viene somatizzato nel corpo e genera pensieri ansiogeni che ci attivano immediatamente. Conoscere questi segnali e pensieri ci aiuta a imparare a gestirlo e combatterlo sul nascere. Se vuoi saperne di più sull’importanza della comunicazione mente-corpo, vai qui.

2. Impara a respirare correttamente: la respirazione che solitamente usiamo, quella che si localizza nel petto, ci fa prendere poca aria e stressa, a lungo andare, il cuore. E’ quindi importante tornare a respirare con il diaframma, lasciando aprire le costole e la gabbia toracica. Questo tipo di respirazione ci aiuta a entrare più in profondità e in contatto con noi stessi, offrendo quasi subito uno stato di calma e distensione. Una tecnica che ti aiuta a recuperare questo tipo di respirazione più profonda è il Training Autogeno. Imparare una tecnica di rilassamento e consapevolezza psico-corporea, ti aiuta infatti nella gestione quotidiana dello stress e delle sue conseguenze, migliorando la qualità della tua vita.

3. Scrivi: scrivere è terapeutico. Affidare alla carta i tuoi pensieri, ansie e preoccupazioni. La scrittura è un mezzo terapeutico importante, ti permette di prendere le distanze e osservare con occhio più razionale quello che hai scritto. Prova a buttare giù le parole senza filtrare, così come vengono, è un gesto liberatorio.

4. Delega e chiedi aiuto: non sei un computer, non puoi fare tutto contemporaneamente! Ci sono cose che hanno la priorità e altre che puoi posticipare nell’arco della giornata o addirittura delegare! Chiedi aiuto a chi hai intorno, e se senti che lo stress ha preso troppo potere nella tua vita, chiedi aiuto ad un professionista, per riprendere in mano la tua vita e il tuo benessere.

Conoscevi alcune di queste strategie?
Ne usi altre?
Prova e fammi sapere!

Ti ricordo che questi sono consigli pratici che puoi usare fin da subito, ma non intendono sostituirsi ad un supporto psicologico mirato.
Se senti che i sintomi dello stress sono troppo invadenti, chiedi aiuto per trovare la strategia migliore per te.